Contrapposizione emozioni-razionalità, uno sguardo alla storia

Scritto da il 19 Dicembre 2020

L’innata tendenza al miglioramento di sé e alla realizzazione personale è sempre stato oggetto di studio, sin dai tempi più antichi. Basti pensare che già gli stoici, nel 300 a.C., rappresentavano la completezza della natura umana nel connubio tra Synaìsthesis (sinestesia, e cioè “autopercezione”) e Lògos (“ragione”), per il raggiungimento della Oikeìosis (realizzazione della propria natura). Sebbene, secondo la visione panlogistica stoica, il focus fosse proprio la ragione e il fatto che con essa si potessero riequilibrare le passioni per raggiungere l’ Apàthei ; è innegabile come l’emotività giochi un ruolo fondamentale per la ricerca del proprio Io, anche in una società proiettata tout court alla razionalità. Tanto è vero che Platone, nel Filebo , esplicitava come le emozioni rappresentassero una parte fondamentale per l’essere umano. E così, nelle visioni di Aristotele e Platone, le emozioni esprimono la capacità di discernimento tra una situazione favorevole e una non favorevole.

La visione elitaria dell’uomo sulla natura, che ha dominato il pensiero per secoli, ritraeva la mente pensante come dotata di pura ragione e, per questo, l’emotività veniva relegata a semplice azione istintiva da controllare. Wilhem Wundt (1832 – 1920), considerato padre fondatore della psicologia sperimentale e fisiologica, distingueva i processi mentali semplici, legati alle sensazioni, da quelli complessi, legati al pensiero razionale. Certamente però, anch’egli, esplicitava l’importanza dell’aspetto emotivo per direzionare le scelte in quanto, diversamente, ci si sarebbe trovati in una situazione di carenza di volontà.

Questa dualità venne studiata anche successivamente, come ad esempio dall’approccio psicologico del Comportamentismo (Watson e Rayner, 1920), secondo cui il soggetto è un agente passivo in situazione. Tre sono le emozioni, che secondo questa visione, sono legate alla decisione di compiere una scelta: la paura, la rabbia e l’amore. Secondo questa visione, le esperienze generano apprendimento di visioni stereotipate delle situazioni, e si agirà mediante queste rappresentazioni in modo automatico.

Il Cognitivismo, corrente spesso contrapposta al comportamentismo, esplicava una visione dell’Uomo come una perfetta macchina cognitiva, che è minacciata dalle emozioni (Schrerer e Ekman, 1984).

Quindi, il pericolo che sottostà alla visione contrapposta tra pura ragione e sentimento, si rivela quando le passioni e i sentimenti diventano oggetto di denigrazione e assoluto scardinamento dalla natura umana, perfetta se relegata a pura razionalità. Basti pensare alle decisioni sottostanti alla pratica della lobotomia, che nell’800 ha portato alla demenza ed apatia persone considerate​ dal temperamento troppo frivolo e, quindi, sentimentale. La corteccia-orbito frontale veniva perforata, e il soggetto veniva così privato della propria personalità, in quanto area celebrale coinvolta nel comportamento emozionale, nella capacità di attribuzione di valore alle situazioni, persone e cose. Il rischio di considerare l’emozione come una parte puramente istintiva e “bestiale” sottostà, proprio, all’omissione dell’importanza di questa per la realizzazione personale.

Federica Cauli – Università degli Studi di Torino

Foto di Magda Ehlers da Pexels


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