DALLA PROPRIA STANZA SOLI DAVANTI AL PC, ALLE PALESTRE TUTTI INSIEME! LE “OCCUPAZIONI” DELLE SCUOLE A TORINO

Scritto da il 16 Febbraio 2022

di Donata Baccelliere e Lorenzo Fortunato

Passo ogni giorno davanti a una edicola nel mio percorso per il lavoro e tutti i giorni mi fermo a leggere rapidamente le notizie in evidenza sulla locandina affissa all’esterno, all’inizio di febbraio mi colpisce un titolo che interrompe la sequela dei soliti noti sull’andamento dei contagi: alcuni licei, tra i più prestigiosi della città, sono occupati: “occupazione”, da tanto non sentivo più questa parola legata alla parola “scuola”.

E poi la notizia “mi entra in casa”: “Mamma, stanno programmando di occupare la scuola!”, mi dice mio figlio diciottenne, Enrico. E allora la f accenda comincia a incuriosirmi, certo perché mi interessa capire il suo atteggiamento in questa particolare e inedita situazione per lui, ma soprattutto perché è così “strana”, direi “fuori luogo” nell’attuale contingenza in cui gli edifici pubblici son o stati per lo più limitati e oltremodo “normati” e sorvegliati negli accessi, che immaginare frotte di ragazzi entrarvi e “occuparli” mi pare una fantasia, un’assurdità, infattibile insomma!

Ecco: non mi chiedo nemmeno l’obiettivo di una simile iniziativa, la domanda più ovvia, quella che cerca di capire i fenomeni sociali è ormai inadeguata, i “perché” non ce li poniamo più! Mi dico semplicemente: ragazzate! Non lo faranno! E invece lo fanno, occupano palestre e aule magne! Con l’occupazione del liceo artistico Cottini scopro che sono tanti i licei e le scuole superiori “occupate” qui a Torino, in quei giorni erano sei! Seguo le notizie sul web e sui giornali: si parla di rivolta contro i progetti di alternanza scuola/lavoro e si fa riferimento alla tragica morte dello studente di Udine citato anche nel discorso di insediamento di Mattarella; ci si appella all’insensatezza del ripristino della “seconda prova scritta” all’esame di Stato, ipotesi contro cui si pronuncia anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione; si va avanti una settimana, settimana nel corso della quale si muovono anche i vertici regionali per incontrare
gli studenti e lo stesso Ministro Bianchi vede delegazioni delle consulte studentesche.

Questa è la “narrazione” dall’alto della vicenda, narrazione nota ormai anche nei risultati importanti o irrilevanti che siano. Io vorrei portare all’attenzione di chi legge la narrazione fatta della stessa vicenda da uno studente che l’occupazione l’ha vissuta da protagonista. Ecco quello che Lorenzo, così si chiama il “narratore” in prima persona, mi ha voluto raccontare.

Avevo sentito la notizia della morte dello studente di Udine ma non mi ero soffermato molto, certo ne ero rimasto addolorato ma sembrava che non mi riguardasse: l’alternanza Scuola/Lavoro nella mia scuola, il liceo Cottini, è “ben fatta”, non abbiamo problemi di sfruttamento di manodopera o di sicurezza! Anche l’idea della seconda prova non mi spaventava molto: dopotutto, così come viene prospettata, non dovrebbe costituire un grosso problema: i nostri prof. sanno cosa possiamo fare e dove possiamo arrivare!

Poi, quando sono cominciate le assemblee, variamente convocate, per organizzare un’occupazione in “solidarietà” con le altre scuole occupate di Torino ho iniziato a farmi coinvolgere: ciò che mi piaceva del progetto era l’idea di “apertura” che conteneva, apertura delle classi, apertura “degli indirizzi”, apertura della scuola o, forse, più che “apertura”, potrei dire l’idea della rottura del le “barriere” e dei muri fisici, culturali, psicologici che sentivo avermi e averci limitato sempre a scuola e ancor di più negli ultimi anni di pandemia.

E così ho partecipato attivamente alla realizzazione del progetto di occupazione mettendo a disposizione quelle che erano le competenze che sapevo di possedere: una buona capacità organizzativa e di pianificazione con gli applicativi informatici.

Man mano che i giorni passavano ho scoperto altre mie capacità che erano “nascoste” anche a me: parlare  in pubblico, argomentare in modo convincente le mie posizioni, interloquire con persone nuove e mai incontrate prima.

E mentre i giorni passavano mi si faceva anche più chiaro l’obiettivo che avrei voluto perseguire; mi rendevo conto che tutto quanto era stato lo stimolo alla protesta, cioè l’alternanza Scuola/Lavoro e la strutturazione dell’esame di Stato per me costituiva solo la punta di un iceberg e l’iceberg profondo era ed è la strutturazione del Sistema Scolastico, ecco: il Sistema Scolastico in cui ho com iuto il mio percorso fino a ora mi ha dato gli strumenti culturali “per stare” nell’occupazione: saper parlare, saper argomentare, saper pianificare… ma
contemporaneamente mi ha dato i motivi per non essermi sentito ascoltato nei miei, nei nostri, bisogni di studenti, bisogni che si esprimono nella necessità di essere accompagnati nello studio con un senso che non sia solo il superamento delle verifiche o l’inserimento in un sistema aziendalistico, di poter manifestare e coltivare passioni e interessi, di sentirsi protagonisti e responsabili delle scelte di studio e ricerca.

Poi, dopo una settimana, l’occupazione del mio liceo è terminata ma, insieme al senso di vuoto che mi ha lasciato, ora sento di aver conquistato sicurezze che non mi abbandoneranno e idee che desidero approfondire e confrontare con altre. E allora la mia partecipazione alle iniziative studentesche continuerà: prossimo appuntamento la stesura collettiva di un bilancio dell’esperienza da consegnare in primo luogo al Dirigente.

Mentre ascolto Lorenzo parlare provo ammirazione per la tensione emotiva e il coinvolgimento che attraversano le sue parole e i suoi gesti con le mani che passano continuamente nel ciuffo ricciuto; nello stesso tempo, come cinquantenne disillusa, temo l’effetto delle disillusioni che forse arriveranno su questo giovane e su i suoi coetanei insieme a lui coinvolti.
Intanto, mentre scrivo, sento nell’ennesimo salotto televisivo parlare di disaffezione dei cittadini alla politica e allora mi vien da dire che questi ragazzi mostrano una grande volontà di fare “politica”, quella politica che si fa con idee e con la partecipazione, uniti, con la volontà di discutere, confrontarsi, di stare insieme di nuovo: e questa non è disaffezione questa è volontà di esserci, di fa re, di cambiare!

Allora, queste occupazioni possono essere considerate davvero una “ripresa”, una ripresa che, parafrasando il Presidente del Consiglio, “non deve essere strozzata” dalla sottovalutazione, dal non ascolto ma alimentata da occasioni di confronto e di progetti condivisi per il futuro della scuola, del lavoro, della società tutta.

E intanto le “occupazioni” continuano, mentre scrivo sono diventate tredici gli istituti superiori occupati nel torinese.

 


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