Le vacanze del docente e l’ansia di settembre

Scritto da il 26 Luglio 2020

Con scrupoloso studio del calendario, manco a dirlo, lo studio è il loro mestiere, in un meticoloso calcolo a ritroso, a partire dal 31 agosto e tornando indietro, tra computi di ferie e festività soppresse (i sabati si contano, le domeniche no), la maggior parte degli insegnanti è finalmente in vacanza dal 20 di luglio! E tuttavia, al mare o in montagna, la nuvoletta fantozziana che li insegue quest’anno non scarica i consueti rovesci di pioggia ma accompagna i docenti vacanzieri in modo più subdolo. Al primo accenno di relax, al “mollo la suocera a mia cognata (diamine, un po’ per una!) e stacco la spina”, la nuvoletta si contrae con la potenza deflagrante di un buco nero precipitando a catinate sui poveracci che, anche a cielo sereno, si ritrovano inzuppati in un bagno di ansia feroce!

È l’ansia del rientro a settembre, infatti, l’indiscussa protagonista delle vacanze degli insegnanti, tragica colonna sonora-tormentone di quest’estate che risuona “rosicata” tra gli ombrelloni a fior di mascherina. La schizofrenica vacanza del docente sembra dispiegarsi proprio così: tra il piacere “inzevato” di una pepata di cozze al ristorante del lido, intossicato da una “colibatterica” esternazione dell’Azzolina, e una ridente (si fa per dire, col senno del poi) arrampicata in montagna sin su alla malga del Pinin, posto meraviglioso che “sembra di stare in Paradiso”,… e forse lo è davvero perché è solo per puro “miracolo” che arriva il messaggino di un collega con la “sgradita” “relata” dell’ultima “sclerata” del dirigente scolastico (la triplice rima, ahimè, è “cringe”, me ne scuso!). In estrema sintesi, tra un picco di euforia e una repentina caduta depressiva, l’estate del docente, più di una vacanza, sembra la versione Full HD di un disturbo bipolare.

D’altra parte, come riuscire a trovare serenità? Le notizie sulla ripresa di settembre sono in continua dinamica evoluzione con l’unica costante di essere tutte stabilmente pessime. Classi dimezzate: metà alunni a scuola, metà a casa? E poi c’è anche il cortile e i locali della vicina Parrocchia. Forse meglio il plexiglas e i doppi turni ma, attenzione! Con scaglionamenti di ingressi ed uscite… per quanto riguarda il sabato, si lavora tutti, e senza nessun revisionismo: prendiamo irrinunciabilmente distanza, il “ventennio fascista” non costituisce fonte d’ispirazione, d’altra parte il covid in agguato non consentirebbe ginniche promiscuità e assembramenti… In parole povere, a poco più di un mese dal fatidico 1 settembre, si naviga ancora a vista tra soluzioni pessime e peggiori, in cui prende piede una ingiustificata, strisciante forma di rassegnazione che sembrerebbe alimentarsi di un altrettanto incomprensibile senso di colpa che il docente sta elaborando in senso autopunitivo: quello di non essere andato a scuola per mesi, da cui la supina disponibilità di accoglimento delle più fantasiose e variegate forme di espiazione. Per citare ancora Fantozzi, qualcosa di analogo alla “crocifissione in sala mensa”.

Di scuola, invece, se n’è fatta fin troppa negli scorsi mesi, troppa ed anche spesso cattiva. Ma solo in minima parte a causa degli insegnanti! L’attesa di un settembre mai così incerto e ansiogeno fa apparire piacevole anche il ​ ricordo di ferragosti funestati dalla rottura del femore di congiunti più anziani. Che almeno l’agonia di agosto termini quanto prima. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine!

Di Teresa Iavarone

Foto di Engin Akyurt da Pexels

ricordo di ferragosti funestati dalla rottura del femore di congiunti più anziani. Che almeno l’agonia di agosto termini quanto prima. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine!

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