Da “scugnizzi a marinaretti” “Scugnizzi a vela”

Scritto da il 9 Febbraio 2021

L’esperienza della Nave Asilo “Caracciolo” 1913-1928 L’esperienza di “Scugnizzi a vela” 2006

“ Questo scritto è dedicato a quei ragazzi di strada che si sono persi ai quattro venti della terra, e a un poeta, Pier Paolo Pasolini, che mi fece comprendere che solo l’amore aiuta gli uomini e le donne a essere un po’ meno soli … Per l’amore come per la libertà non ci sono catene…” (cit. da Pino Bertelli, 2010)

Come vincere il disagio oppositivo di ragazzi difficili: Il Mare Educatore dall’ieri all’oggi Sono sempre stata colpita da quanto il Museo del Mare di Napoli Bagnoli, nelle persone del Direttore Antonio Mussari e della Prof.ssa Maria Antonietta Selvaggio, ha fatto per il Mare e l’educazione del Mare. Esempio importante ne è la Mostra foto/documentaria “Da scugnizzi a marinaretti. L’esperienza della Nave Asilo “Caracciolo 1913-1928” . Sulla Mostra è stato anche scritto un testo (Ed. Scientifiche e Artistiche, 2010), “un lavoro che, oggi, intende restituire il giusto valore a un vissuto che non si presta a un culto sterile ma presenta tutti i requisiti di una memoria rigeneratrice” . La Mostra ricorda e rievoca, attraverso immagini, scritti, documenti, saggi, e con tutta la forza della verità e della fede in ciò che si fa, uno dei primi esperimenti riusciti per la salvezza dei bambini e dei ragazzi di strada, un’opera straordinaria durata un quindicennio sulla Nave Asilo “Caracciolo”, donata alla città di Napoli dalla Marina Militare, e diretta da Giulia Civita Franceschi, nobildonna napoletana, che qui riuscì a ri-educare più di 700 bambini e ragazzi sfortunati. – Giulia, una donna , come spesso accade per le cose che richiedono intelligenza e sensibilità – La Mostra, collegata al testo che la illustra, è una testimonianza. Una testimonianza di grande valore sociale, pedagogico e morale. Porre al centro della formazione l’adolescente, farne il punto di riferimento intorno a cui far ruotare le cure di adulti e di ragazzi più grandi, guardare al mare come ad una continua e proficua lezione di vita, abituare al rispetto del lavoro, inteso come espressione di energia, crescita ed affermazione di sé, sono grandi meriti di una grande donna che nel silenzio della sua tenacia e nella difficoltà di un contesto non sempre adeguato, ha portato avanti una mission di estrema modernità, un’impresa educativa che forse pochi riescono a realizzare. È opportuno chiarire il concetto di lavoro educativo nell’esperienza della Nave Asilo “Caracciolo” basato, senza ambiguità, sul principio del primato dell’educazione. Al Congresso delle donne napoletane del giugno 1947 Giulia Civita Franceschi indica infatti come prioritario l’obiettivo di “ sanare fisicamente e moralmente i fanciulli e subordinatamente avviarli alle professioni marittime … ”; senza quest’opera di recupero fisico, affettivo e spirituale “ le altre di carattere professionale rimangono come costruzioni senza base” . Prima della napoletana Giulia Civita Franceschi, aveva operato in tal senso Nicolò Garaventa con la “Nave scuola Redenzione Garaventa” di Genova (che operò dal 1883 al 1977): egli aveva compreso che solo il lavoro del mare e sul mare poteva recuperare ragazzi difficili, “i discoli”, come lui li chiamava. Scugnizzi a Napoli, discoli a Genova. Il Mare Educatore: oggi, sull’”onda” di quanto fatto nel passato, si inserisce un coraggioso progetto di volontariato “Scugnizzi a vela ” di Stefano Lanfranco, realizzato dal 2006 nel Cantiere Scuola “I mestieri del Mare”, ospitato all’interno del Quartier Generale della Marina Militare di Napoli. Si offre l’opportunità agli “ scugnizzi” di oggi di acquisire competenze e conoscenze tecniche nell’ambito del restauro, della manutenzione e dell’arte marinaresca per essere poi avviati con provate esperienze nel mondo del lavoro. Ai ragazzi si propone un modello di vita caratterizzato dai principi insiti nelle attività marinare e nel restauro delle barche a vela in legno, quali la lealtà, l’onestà e il rispetto reciproco . L’iniziativa coinvolge ragazzi provenienti da famiglie disagiate della Campania, dal Centro di Giustizia Minorile per la Campania, e dalle Comunità educative campane, che intravedono in questa esperienza educativa, unica del suo genere, un percorso di crescita ed inserimento nella civile società dei ragazzi che si impegnano.

Il progetto di volontariato “ Scugnizzi a vela ” si avvale, oltre che della collaborazione della Marina Militare , anche del valido supporto della Fondazione Grimaldi . Tale esperienza moderna, come quella antica, ruota intorno alla capacità di far assumere al minore delle responsabilità di fronte alla collettività, di svolgere coscienziosamente un compito definito, di accettare con dignità ed impegno un ruolo subordinato rispetto ad un’autorità riconosciuta: la situazione più favorevole all’interiorizzazione delle regole della convivenza e della collaborazione. Questo il sistema educativo adottato, permeato di forte spirito di solidarietà, per gli “Scugnizzi a vela”, questo per i ragazzi della Nave Asilo “Caracciolo”. Voglio cogliere l’occasione per parlare, non dell’esperimento storico in sé e per sé, o dell’esperienza odierna, ma di quanto oggi si può e si deve fare per i ragazzi in genere. Infatti, i ragazzi, quelli con disagio in particolare, non vanno tralasciati, non vanno allontanati, ma aiutati e coinvolti. Don Milani scriveva “Fate che la scuola non sia un ospedale che cura i sani ed allontana i malati ”. Il sociologo Edgar Morin sostiene che non sempre è stato realizzato un vero progetto per una politica per lo sviluppo dell’uomo… uno sviluppo tutto da elaborare, assegnando un senso umano, globale e multidimensionale al termine”. In un “sistema” che contempli uno sviluppo dell’essere umano pieno e consapevole, bisogna nutrire quella spinta a comunicare e a incontrarsi che rappresenta l’impalcatura di qualsiasi azione che voglia avere una valenza sociale. Soprattutto per i giovani in difficoltà. Forse così si può sconfiggere “ la vacanza di umanità nell’uomo”. La nostra Giulia, dagli occhi mansueti, intelligenti e tenaci insieme, ci ha lasciato un messaggio di speranza e di costruttività che condenso nei versi di E. Dickinson.: “ La speranza canta melodie senza parole e non si ferma mai…” (E. Dickinson)


Opinione dei lettori
  1. Mariella Ballerino   Di   9 Febbraio 2021 alle 21:23

    Molto interessante. Non conoscevo la storia di Giulia Civita.
    Mi ha colpito soprattutto la citazione di Don Milani. Ho due figli che a scuola sono stati seguiti da insegnanti di sostegno con ottimi risultati, ecco perché credo fermamente negli educatori che scelgono di non abbandonare i ragazzi più difficili ma che al contrario hanno per questi un’attenzione particolare.

  2. Nadia   Di   9 Febbraio 2021 alle 21:39

    Bellissima iniziativa!
    Una mostra che non abbia soltanto un forte impatto culturale,considerando il valore simbolico delle opere esposte tra bellezza e memoria,ma sopratutto sociale in quanto spinge a riflettere su una realtà spesso dimenticata ma che,purtroppo,colpisce tanti.
    La cultura può e deve salvare.
    Grazie all’autrice del commento che ha reso profondamente il messaggio.

  3. Lucia   Di   10 Febbraio 2021 alle 11:13

    Avere con il mare un rapporto profondo, non legato all’idea della semplice balneabilità ma guardare ad esso a 360°, a tutto ciò che ci può insegnare ed offrire è una lodevole iniziativa. Lo è ancor di più quando diamo ai giovani la possibilità di apprendere e di esprimersi in un contesto a contatto con la natura. Individuo nel recupero dei “lanzini napoletani” storiche imbarcazioni a vela, di legno, il valore aggiunto al progetto “Scugnizzi a vela” . Oltre ad un messaggio educativo, ad un opportunità di inclusione sociale e di formazione, il progetto trasferisce un messaggio di educazione ambientale e la ripresa di tradizioni culturali tipiche della nostra città.

  4. Raffaella   Di   11 Febbraio 2021 alle 08:19

    Napoli non finirà mai di stupire! Un esempio della sua capacità di creare opportunità per gli ultimi è proprio il viaggio in un progetto educativo-culturale che partito nel primo Novecento trova ancora oggi importanti riscontri nella società napoletana. Conosco la storia di Giulia e ho visto l’emozione negli occhi di chi ascolta il racconto dell’attuazione di quel progetto. Emozionante quel succedersi di storie raccontate dalla mostra. Quel messaggio di speranza e soprattutto d’investimento nei sentimenti e nella persona ritorna prepotentemente nel lavoro di Stefano Lanfranchi con i suoi Scugnizzi a vela. Il mare può offrire opportunità di recupero, formazione, inserimento. Un chiaro riconoscimento della validità del messaggio arriva dal titolo assegnato a Procida di capitale italiana della cultura. La cultura non isola e il mare veicola confronti tra popoli e culture. Grazie Angela per il tuo articolo ricco fi suggestioni

  5. Simonetta Serena Lamberti   Di   14 Febbraio 2021 alle 17:53

    molto interessante questo articolo che fa comprendere come sia importante il “mezzo” con cui avvicinare e coinvolgere i ragazzi. E quando i ragazzi sono difficili il mare può essere una vera risorsa. Grazie

  6. Renato Occhiuzzi   Di   16 Febbraio 2021 alle 18:51

    Molto spesso i ragazzi “difficili” lo sono anche perché si sentono emarginati dagli altri, fanno i bulli ma in fondo sono fragili, poco sicuri di sé.
    Se si vuol recuperare un ragazzo difficile occorre soprattutto dargli sicurezza di se stesso, farlo sentire come gli altri, inserito come gli altri in un contesto nel quale si è tutti uguali, con gli stessi diritti e, soprattutto, gli stessi doveri.
    Inserirlo in un gruppo che lavora su di una barca a vela è quanto di meglio si possa fare a questo scopo: lavorare su di una barca a vela comporta infatti disciplina, serietà, impegno e, soprattutto, rispetto degli altri e di ogni ruolo… e questo comporta automaticamente sentire il rispetto del proprio ruolo, il sentirsi importante come gli altri, con rispetto reciproco.
    Su di una barca a vela si impara la disciplina, senza la quale non si può vivere bene in una società, grande o piccola che essa sia…
    Una volta che il ragazzo “ribelle” abbia acquisito questa sicurezza ed il rispetto nei confronti degli altri e di se stesso è più facile che gli si possa insegnare altro, ha imparato infatti la cosa più importane: la disciplina, ed automaticamente maggiore sicurezza di sé.

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *



La Esse Radio

La Esse Radio

Traccia corrente

Titolo

Artista