Didattica a Distanza | La scuola è finita. Riflessioni sulla DAD

Scritto da il 29 Maggio 2020

L’anno scolastico in presenza è finito. In Italia, se tutto andrà bene, si tornerà in aula a settembre, probabilmente in modo scaglionato, in modo da provare a garantire al contempo il diritto allo studio e quello alla salute.
A due mesi dalla chiusura delle scuole di tutta Italia, a causa del diffondersi della pandemia Covid 19, è importante e possibile provare a tracciare un primo bilancio, seppur parziale e in divenire, sullo stato dell’arte della didattica a distanza, vero e proprio pilastro della scuola online.

Nella speranza che, usciti dalla logica emergenziale, il mondo della politica decida finalmente, con lungimiranza e intelligenza, magari incalzato dalla società civile, di attuare un piano straordinario di investimenti pubblici per il rilancio del sistema scolastico nazionale, dopo anni di sciagurati tagli che hanno determinato un drammatico impoverimento delle risorse a disposizione, senza le quali è impossibile realizzare una scuola autenticamente democratica e inclusiva.

La didattica a distanza, presenta, se analizzata attentamente, sia preoccupanti zone d’ombra sia potenziali opportunità su cui è importante fermarsi a riflettere, per capire in quale direzione costruire la scuola del presente e dell’immediato futuro. In primo luogo, bisogna riconoscere che la didattica a distanza ha permesso di portare avanti, seppur tra mille difficoltà, l’anno scolastico e soprattutto ha consentito di mantenere vivo il rapporto tra gli insegnanti e le loro classi. Un passo importante, considerando il periodo di solitudine forzata e di malessere generalizzato. Tuttavia, non è assolutamente vero che la DAD mette tutti gli studenti sulla stessa barca, riducendo addirittura le distanze nei percorsi di apprendimento: in realtà le conferma e in molti casi le amplia profondamente. Infatti, con il nuovo modus operandi, le fasce sociali più povere e svantaggiate rischiano una dispersione indotta. E siamo davvero in presenza di una scuola rovesciata, dove allievi magari volonterosi, ma carenti di mezzi, che vivono in famiglie disagiate, sono messi nelle condizioni di non poter partecipare alla didattica o di farlo in modo precario.

A molti bambini e ragazzi mancano i PC, mancano le connessioni stabili e con un numero di giga sufficienti a garantire l’ascolto di una lezione. Per non parlare degli studenti con disabilità o dei bambini della scuola primaria che, per poter accedere a piattaforme, caricare e scaricare i materiali didattici, necessitano di una presenza costante di adulti, su cui non tutti i bambini possono contare. La didattica a distanza, infatti, rischia di trasformare gli insegnati in asettici tecnici informatici e in somministratori di video, di esercitazioni e verifiche. Tale tendenza, già in atto da decenni con l’esaltazione, spesso acritica, della scuola delle competenze, delle certificazioni e del digitale come condicio sine qua non dell’apprendimento, può subire un’accelerazione proprio con la didattica a distanza, che spinge ancor più in soffitta il docente educatore. Quale scuola sta alla base di una società giusta? La strada da intraprendere, come sempre, dipende da noi.

Simona Mauriello

Foto di Julia M Cameron da Pexels


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