La Scuola e la forbice della diseguaglianza ai tempi del Covid-19

Scritto da il 30 Maggio 2020

“Tutti a casa!” il motto del Covid: dopo le prime esultazioni e la voglia di arrestare i tempi frenetici delle nostre giornate abbiamo fatto i conti con le “diseguaglianze” emerse dall’emergenza, proprio quelle disparità che la scuola italiana da sempre cerca di superare.
“Far parti uguali tra disuguali” (Don Milani) è il principio della diseguaglianza su cui il legislatore in materia scolastica si è mosso negli ultimi due decenni, dalla L. 53 del 2003, con la personalizzazione, fino alla CM n. 8 del 2013, con l’individuazione dei BES (per non scomodare la 517 del ‘77).

Oggi, maggio 2020, nessuna Legge riesce a livellare le differenze post-Covid: la scuola, luogo in cui tutti potevano fruire e partecipare alla cultura, quindi, zona franca delle differenze (almeno socioeconomiche), in cui tutti potevano usufruire di un banco, una sedia, aule, laboratori e spazi per “crescere formandosi”, viene meno, lasciando il posto allo spazio privato in cui ognuno “ha quel che ha”.

Tentativi pallidi, quali il comodato d’uso di alcuni device, schede per connessioni, attivati da molte scuole per gli studenti disagiati, non sono serviti a ricucire quello squarcio tra chi possiede – una cameretta, un pc, connessione, tempi e luoghi confortevoli per l’apprendimento – e chi tenta di stare al passo, vivendo il malessere di “non avere” che si traduce spesso in abbandono: meglio apparire oppositivi, sfuggenti che palesare difficoltà familiari ed economiche.
L’istruzione pubblica con la Didattica a Distanza tradisce il primo principio: essere “la scuola di tutti e di ciascuno” per diventare la scuola di chi può a svantaggio di chi vorrebbe.

Lucia Imma Bocchetti

Foto: Pexels


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