VI RACCONTO LA SCUOLA. OGGI

Scritto da il 28 Febbraio 2021

Tutti parlano di scuola. Pensano di sapere cosa è oggi, ciò che viviamo. Ma non lo sanno. Giornalisti, politici, intellettuali che tranciano giudizi dall’alto di uno scranno distante anni luce da noi, da chi la scuola la fa, insegnanti e studenti insieme. Digerisco male coloro che esprimono opinioni su realtà che non conoscono, che non vivono sulla propria pelle. Mi riesce difficile parlare di scuola con estranei, perché io ce l’ho nel sangue e i miei studenti li conosco così bene, che persino dal video comprendo cosa i loro occhi in quel momento stiano dicendo. Già, i ragazzi! I nostri figli. Figli di una società cambiata, in un anno, ad una velocità difficile da digerire.

Loro hanno pagato (e ancora pagano) un prezzo altissimo perché le loro vite si sono stravolte, interrotte, deformate, impoverite. La realtà quotidiana intorno a loro è cambiata (e senza che si possa sapere fino a quando sarà così). Non possono uscire come prima, stare con i coetanei al sole, all’aria aperta. Non riescono più a sentirsi liberi dentro. Felici. Non hanno potuto festeggiare i diciotto anni. Non faranno il pranzo dei 100 giorni. Alcuni hanno smesso di fare sport e non hanno voglia nemmeno di accudirsi. Quando si connettono da casa spesso rimangono in tuta, con i capelli arruffati e il cuore in pigiama. E con la scuola?

Beh, la scuola, quella vera, quella bella, quella che piace a noi, l’hanno persa. Eh si! I nostri ragazzi non vedevano l’ora di tornare in classe, ma quello che hanno trovato è quanto di più distante possa esistere da ciò che a loro mancava. Perché prima la scuola era un meraviglioso luogo dove si studiava, si facevano verifiche, interrogazioni, lezioni di laboratorio, compiti in classe e si facevano INSIEME. 

Ai ragazzi mancava da morire la scuola, ma quella fatta di socializzazione, confronto con i docenti e le regole sane, relazioni con i coetanei, sorrisi, discussioni, caffè al bar, incontri con esperti e con il territorio, uscite didattiche e gite di fine anno. La scuola della condivisione di spazi, luoghi, idee, pensieri, cervello. La scuola dove ci si poteva abbracciare, camminare nei corridoi, prendere un caffè alle macchinette. La scuola dove ci si poteva AIUTARE. Tenere per mano. La scuola dove se eri felice e facevi una battuta, scatenavi il sorriso caldo e contagioso di tutti intorno a te (vi sembrerà strano, ma oggi con le mascherine non si ride più). La scuola dove se eri triste la Prof lo vedeva e lo capiva e tu sai che lei era lì, pronta ad ascoltare, sorreggere, comprendere, restituire fiducia e cambiare la tua giornata. 

Ecco, ai ragazzi mancava questa scuola e noi a Settembre abbiamo dato loro l’illusione che sarebbe stato tutto come prima. Un inganno orribile. Hanno trovato una scuola fatta di obblighi e divieti. Una scuola diventata prigione dove devi stare seduto e ti puoi alzare, uno alla volta, solo per andare in bagno. Una scuola dove la ricreazione no, al bar no, nei corridoi no. Una scuola con la mascherina per 4,5, 6 ore. Una scuola dove non ti puoi avvicinare al prof nemmeno per chiedere come si svolge un esercizio e devi chiedere il permesso anche di respirare. Tutto poi è peggiorato con l’avvento della Didattica Digitale Integrata al 50 per cento. 

Questo è stato il colpo di grazia, perché nella settimana in presenza la scuola è diventata un luogo terribile dove si subiscono, se va bene, in sei giorni sette o otto compiti in classe e N interrogazioni di seguito. E non parliamo nemmeno di quando si fa lezione fino alle tre del pomeriggio. Con pranzi consumati al volo in dieci minuti di ricreazione, seduti al banco e senza potersi muovere. Con chi è pendolare e comunque anche per entrare alle dieci è uscito da casa alle 8 e tornerà, se va bene, alle sei. E deve studiare e fare i compiti per il giorno dopo (oltre agli allenamenti, per chi ha la fortuna di aver ripreso le attività) Ebbene, prima di parlare dei giovani, PARLATE CON I GIOVANI. Con le loro difficoltà, paure, incertezze, fragilità. Sono tristi i nostri ragazzi, per tante cose. Vivono insieme a genitori, fratelli, nonni, che si sono ammalati o hanno perso il lavoro e le speranze di un futuro migliore.Non dormono. Piangono. Moltissimi hanno problemi di ansia e hanno perso l’appetito, la vitalità, la voglia di ridere. Accidenti se mi manca la scuola!! Ma non questa. Io questa scuola qua non la voglio. Io mi sento come i miei ragazzi. Con un’anima che vuole tornare a brillare ed è imprigionata nelle esalazioni carboniche della mascherina chirurgica. 

Una mascherina che, ahinoi, alcuni ormai portano anche sul cuore 

di Elena Sternini

Foto di Julia M Cameron da Pexels


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