Storia di un boxeur latino

Scritto da il 22 Luglio 2020

Il televisore era di quelli quadrati, spigolosi, che bombavano l’immagine nei bordi. Tutta la famiglia, dopo cena, si riuniva davanti lo schermo, non c’erano altre distrazioni. Il mondo era in 4:3 e per sapere cosa succedeva a latitudini diverse dalla nostra, era ancora necessario il racconto di un cronista.
“Ma andando in giro ti rendi conto di quant’è varia la voce del mondo. Per questo, documentarista è una parola che mi è sempre piaciuta. Per me un giornalista è un detective della diversità. La registra, la testimonia, ne porta indietro le prove, e così, semplicemente, scredita l’idiozia di qualsiasi integralismo e di qualsiasi razzismo”.

Curiosità, testardaggine, tempismo, questa è la visione di giornalismo di Gianni Minà, ed è racchiusa in “Storia di un boxeur latino”. E’ un’autobiografia, ma soprattutto è un’avventurosa sequenza di eventi che hanno segnato gli ultimi sessant’anni della storia d’Italia e di buona parte dell’America Latina. Durante una di quelle serate con la famiglia radunata davanti la tv, Minà intervista Massimo Troisi. L’attore napoletano si lancia in un divertente elogio del conduttore invidiando la sua agendina telefonica: Maradona, Fidel Castro, Mohammed Alì, Federico
Fellini, Sergio Leone, Soriano, Sepulveda, i Beatles, Garcia Marquez, Marcos…

Questi ed altri personaggi di rilievo del novecento, sono l’indice dei nomi di questo libro e molti sono diventati suoi amici. Un’amicizia nata dalla capacità di Minà di mettersi al servizio dell’ospite, di non giudicarlo, di lasciargli la possibilità di aprirsi e raccontare la sua storia. Nella fisarmonica di rughe che abbellisce il viso del giornalista, c’è tutta la bellezza dell’amore per questo lavoro, del rispetto per il ruolo che svolge, per il prossimo, dell’attrazione per la verità, senza esibizionismo.

Storia di un boxeur latino racconta tutto questo. E’ il diario di una idea precisa del mondo e della vita, non priva di amarezza. “… ho pensato a quanto fosse buffo il destino, che mi escludeva da tempo dalla possibilità
di fare il mio lavoro in Italia, e fuori mi copriva di elogi e mi proponeva altre sfide professionali“.

Gianni Minà è una parte importante del patrimonio culturale del nostro paese e questo libro ne è la testimonianza.

Pasquale Trotta

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