La DAD in presenza dei docenti fuori sede

Scritto da il 18 Gennaio 2021

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, vista la nota del Ministro della Salute e il parere del Comitato Tecnico Scientifico, ha deliberato la proroga, fino al 30 aprile 2021, dello stato d’emergenza dichiarato in conseguenza della dichiarazione di “emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale” da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Una questione spinosa che sottende criticità ad ampio raggio e di difficile risoluzione nel mondo della scuola soprattutto se si pone la querelle su una fascia lavorativa, del comparto scuola, più esposta al contagio epidemiologico per motivazioni oggettive che saranno poi declinate: i docenti con titolarità fuori provincia di residenza.

Per numerosità sono un esercito ma la loro voce è spesso sommessa tra obblighi e viaggi che ne riducono il tempo di replica per questo si sono identificati sotto un’unica sigla, Docenti Immobilizzati, affinché il loro disagio di docenti fuorisede possa emergere ed essere sottoposto nei tavoli tecnici della compagine politico- sindacale.

La recente proroga dello stato di pandemia pone la prioritaria necessità di limitare gli spostamenti, condizione in netta contraddizione tra il modus operandi dei cosiddetti docenti immobilizzati e le dinamiche assunte dalle singole istituzioni scolastiche che intervengono spesso in maniera peggiorativa sulle vicende personali dei docenti fuorisede ma comune a migliaia di essi.

È il caso della professoressa di un istituto superiore della provincia di Como, Evelina Farace, che dalla provincia di Salerno si vede costretta ad adempiere ad una “didattica a distanza” entro le mura della scuola di titolarità. Pur avendo l’obbligo di interazione telematica tra studenti e colleghi, percorre oltre 1000 km per raggiungere la sua sede lavorativa esponendo se stessa direttamente al contagio del virus Covid-19 e con la conseguente probabilità di contribuire indirettamente alla diffusione di esso sia sul luogo di lavoro che sul territorio di origine della docente.

«Le mancate autorizzazioni ad operare da casa, soprattutto per i docenti fuorisede, risulta esser una condizione di svantaggio che non rispecchia il buon senso per convogliare il proprio contributo alla risoluzione di questa pandemia che si protrae da fin troppo tempo – dice la professoressa Evelina Farace – Io, come altri colleghi immobilizzati fuori provincia di residenza, abbiamo famiglie, genitori anziani, che vanno tutelati e ai quali non possiamo sottratte le nostre cure solo perché siamo maggiormente esposti a viaggi per trasferte lavorative».

La soluzione di operare da scuola per una modalità online è solo uno dei vettori trasversali ai disagi dei docenti fuorisede, come chiarisce la stessa insegnante: «Cambiamo più mezzi pubblici per raggiungere le nostre sedi, dove per giunta, visto il prezzo proibitivo degli affitti, condividiamo spazi comuni con altre persone, sempre con l’ansia di poter contrarre il virus lontano da casa. Trovo la forza di sopportare questa situazione stridente solo grazie allo spirito di servizio e per chiudere il quadrimestre delle mie amate classi».

La questione dei viaggi prende dinamiche fallacie qualora risultano incongruenti alle esigenze di questa classe di lavoratori spesso inascoltata. «In questo periodo di emergenza, alcune ditte di trasporti delle quali usufruiamo, io e i miei colleghi, per il tragitto giornaliero tra le province di Agrigento e Palermo – dice Paola Sortino, aderente al Coordinamento Nazionale Docenti Immobilizzati per la Regione Sicilia – invece di potenziare le corse ed agevolare una maggior fruizione del servizio, hanno soppresso le proprie prestazioni in orari pertinenti a quelli lavorativi del mondo scuola, costringendoci a permanenze eccessive e non utili a condurre una normale routine tra la gestione del lavoro e famiglia.

Tutto ciò comporta, non solo, arrivare a casa nel tardo pomeriggio ma soprattutto stazionare alle fermate delle linee di trasporto alle intemperie dato che per evitare assembramenti le sale di attesa sono chiuse al pubblico, inutili i solleciti inviati alle ditte in questione e alle autorità competenti». Situazioni di disagio collettivo che si intrecciano tra loro e si dispiegano in un unico comun divisore: la condizione di docente fuorisede, o altrimenti detti: Docenti Immobilizzati. A parlare di questo fenomeno intrinseco di criticità è il professore Francesco Tulone, ricercatore presso l’Università degli Studi di Palermo per il Dipartimento di Matematica ed Informatica ed esperto nelle problematiche scolastiche, in chiosa: «La proroga dello stato di pandemia con la riapertura, sia pur parziale delle scuole in presenza, aggrava la condizione di isolamento ed esposizione al contagio dei tanti insegnanti fuori sede. In barba ad ogni regola umana e vari principi costituzionali 90000 cittadini italiani, anziché tutelare la famiglia in questa guerra contro un nemico invisibile, dovranno ancora scindere il nucleo familiare, con tutte le conseguenze che ne seguiranno. Ho segnalato ad amministrazioni e politica, che mancano le tutele per la salute nel posto di lavoro: dalle mascherine non obbligatorie in infanzia-nido e sostegno, ai sistemi di aerazione, per non parlare dei ​trasporti. Tanti rischi che rendono ancor più difficile la vita per un docente con insegnamento fuori provincia. La scuola italiana è allo sbando da anni. E nei periodi di emergenza emergono tutte le criticità. Se si fosse attuato un anno fa, un piano straordinario di mobilità- conclude il professore Francesco Tulone-, si sarebbe potuto organizzare meglio l’offerta scolastica senza mettere a repentaglio la vita di migliaia di docenti. Qualunque modello di ottimizzazione delle risorse non prevede l’utilizzo prolungato del personale in luoghi di lavoro lontani da casa. In Italia assistiamo all’illogico e stratosferico numero di 100000 docenti di ruolo, bloccati da anni fuori provincia, per uno stipendio decoroso, per non dire umile, spinti da tanta vocazione e professionalità. Il prossimo governo dovrà pensare alla scuola a partire da questi eroici professori!».


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