Angelus Novus: la bellezza della polvere

Scritto da il 5 Aprile 2021

Negli ultimi decenni, nella scuola italiana, la storia (per tacer della geografia) sembra essere stata relegata a un ruolo gregario. Gli approfondimenti, la lettura di documenti e fonti, trovano spazi sempre più angusti. Invece lo studio della storia serve a creare la consapevolezza necessaria a fare scelte e ad affrontare il mondo.

Fare storia è un fatto politico, un’attività che implica conseguenze enormi nella vita di tutti. Esiste un atteggiamento tendenzialmente fascista che interpreta la storia come un insieme di “fatti”, come un percorso oggettivamente leggibile e incontrovertibile. La storiografia è, invece, un lavoro faticoso che deve essere continuamente “reinterpretato”. Esiste certamente un momento sostanzialmente oggettivo e di grande rigore scientifico, quando si raccolgono e verificano fonti e testimonianze.

Tuttavia alla raccolta di questi fatti deve seguire per forza un momento politico e “di parte”, quando le fonti vengono scelte, esaltate, dimenticate, escluse e messe in relazione logica e cronologica. Ma lo storico è esposto al rischio di un atteggiamento che già si pone come politico senza che lui ne abbia consapevolezza. Infatti di per sé la storia tende a trasformare il tempo in una linea con una direzione e, potremmo dire, con un destino. Si produce, così, la storia “monumentale” dei vincitori, quella dei grandi nomi e delle grandi date. Esiste, però, anche un’altra storia. Una storia “circolare” che ritorna eternamente.

Quella dei vinti che, seppur sconfitti, continuano a lottare. Che continuano a sfidare dalle tombe i vincitori. Ci sono loro tracce e testimonianze conficcate come spine nei mausolei della storia. E’ la vita “della polvere che lotta”, degli uomini e delle donne sconfitte, dei senza nome. Credo che siano sempre stati loro a preparare, determinare e rendere possibile la continuazione dei processi storici. E’ una storia fatta di lettere, di testimonianze dolorose, di luoghi di emarginazione. E’ la storia dei sommersi. La storia monumentale dei libri scolastici è una cosa morta, è sangue rappreso perché privo delle pulsazioni della vita.

Senza questa “polvere che lotta”, la storia non può essere capita e, forse, questo è quello che vuole il potere. Marx parlava di “talpa della storia” quando si riferiva a queste forze che, in maniera carsica, emergono ciclicamente per rivoluzionare lo “status quo”. Credo che se si usa questa prospettiva storica per il nostro paese, questo punto di vista, dalla “polvere”, si vede come in Italia il filone fascista abbia sempre prevalso. Celandosi, anche e soprattutto, nelle forze che si sono definite di sinistra (a guardar bene si potrebbero citare molti “monumenti” della sinistra italiana).

C’è un frammento di Walter Benjamin in cui si descrivono in modo sublime questi concetti riferendosi a un quadro di Paul Klee (Angelus Novus). Questo frammento fu consegnato ad Adorno da Hannah Arendt: (dalle “Tesi sul concetto di storia” di Walter Benjamin, nona tesi):
“C’è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera“.

Ecco, Walter Benjamin ricorda non solo allo storico, ma a tutti noi, di tenere sempre lo sguardo attento anche all’indietro. Di avere la memoria rivolta agli sconfitti. A chi è stato lasciato sul selciato di questo progresso che ci appare come un cattivo destino. Come una tremenda “bufera”. A non lasciarsi mai prendere dall’oblio del quotidiano. Dalla stoltezza delle sicurezze. Dall’imbecillità di chi ha il torcicollo e, guardando solo avanti, si definisce “progressista”.

Il periodo del ventennio fascista ha lasciato sul terreno molte piccole storie che sono state dimenticate. Eppure, se rilette, se illuminate da uno sguardo come un raggio di sole, risplendono in tutta la loro bellezza. Ecco un esempio del tipo di documenti ritrovati “dalla polvere” della storia. E’ la lettera di Attilio (deportato dai fascisti a San Domino, nelle isole Tremiti, perché omosessuale) a Franco.

“Perdonami se ti ho scritto questa lettera, ma il mio cuore in tal modo mi commanda. Il giorno che mi dissero che l’ufficiale della Gioventù Littoria aveva simpatia per te, io ho compreso tutti i tuoi turbamenti, i baci e gli abbracci che mi hai negato, e ho capito che non ero più il tuo amore, e che qualcun altro aveva preso il mio posto. Caro Franco, quel giorno in cui in piazza mi bastonarono gli avanguardisti, il tuo nuovo amore, i vecchi del paese e pure mio padre tra quelli, non sentii nessun dolore, giacché niente reggeva il confronto alla pena di non potere più abbracciarti. Ricordo quando ti baciavo sulla tua bocca esangue, e tu pure mi restituivi i tuoi baci. Questo è l’esilio più duro per me, quello dai tuoi baci. Ho visto che la notte che mi hanno portato via sei passato in bicicletta sotto la mia finestra. E quello è il ricordo che mi fa compagnia in questo luogo alla fine del mondo. Tu che piangevi in silenzio sotto la mia finestra. Saluti infiniti e baci tanti. Per sempre tuo. Attilio”.

Eugenio Benvenuto

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay 


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