A proposito di prove invalsi. Una voce fuori dal coro

Scritto da il 25 Luglio 2021

Da qualche giorno leggo sui social post che affrontano e analizzano le rilevazioni pubblicate dall’INVALSI riguardante i risultati delle prove 2021, a postarli testate giornalistiche pseudo scolastiche, politici e di eminenti uomini di cultura. Le testate giornalistiche cercano di creare lo scoop e di innescare polemiche incolpando i docenti poco preparati, la DAD, i ragazzi fannulloni e facendo confronti con i risultati dei recenti Esami di Stato.

I politici, analogamente, cercano di trovare il capro espiatorio per i risultati deludenti, seminando consigli e soluzioni e dimenticando che molti di loro non mettono piede in una scuola da quando hanno finito gli esami di maturità. Ho letto quasi tutti gli interventi, alcuni molto pertinenti hanno cercato di analizzare il fenomeno, altri molto provocatori e imprecisi hanno creato solo confusione nei lettori. Sono una docente di matematica da un anno in pensione, mi occupo di formazione docenti e di scuola, ho insegnato negli ultimi vent’anni in un Istituto Tecnico Industriale e faccio parte dei NEV (nuclei di valutazione esterna dell’INVALSI). Ho coordinato le prime prove INVALSI, allora CEDE, nell’anno scolastico 1999/2000 dopo una breve formazione fatta a Palermo con documenti di Benedetto Vertecchi, ho gestito nella scuola media dove allora insegnavo l’organizzazione e la somministrazione delle prove di Italiano e di Matematica su classi campioni e da allora ho sempre, con vari ruoli, partecipato alle prove che reputo necessarie per testare gli apprendimenti dei nostri alunni. Ho contestato l’obbligatorietà delle prove all’esame finale della scuola secondaria di primo grado, non condividendo il peso predominante sul voto in uscita dei candidati. Le prove nazionali proposte dall’INVALSI hanno lo scopo di definire e rilevare l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico, la valutazione delle prove ha una funzione migliorativa e non censuaria, come spesso affermato dall’INVALSI, non servono a giudicare, ad accusare o fare paragoni, ma suggerire la necessità di cambiare strategie metodologiche per raggiungere risultati migliori.

Negli anni le prove sono state boicottate, ostacolate, soprattutto alla scuola secondaria di secondo grado, la situazione è stata certamente migliore alla primaria e alla secondaria di primo grado.

La paura di essere valutati come docenti e come scuole ha preso il sopravvento facendo fallire in molti casi una prassi che può essere di aiuto e di suggerimento per l’insegnamento delle discipline in esame e può rappresentare una foto istantanea della situazione nazionale.

Le prove INVALSI e quelle delle ricerche internazionali sono molto simili, le aree di contenuto sono in sostanza le stesse valutate anche nelle prove TIMSS e PISA, al di là dalle differenze nella loro denominazione, il carattere delle prove è diverso, campionario in un caso e censuario nell’altro.

Il test INVALSI della prova nazionale è giudicato eccessivamente laborioso da parte dei docenti, e spesso difficile per gli alunni.

La difficoltà riscontrata nasce dal fatto che non tutti i curricoli di studio delle singole scuole sono paragonabili, e non sono strutturati con gli stessi modi in tutte le scuole.

Quanto praticato nei vari piani nazionali non è ugualmente messo a frutto su tutto il territorio nazionale. Il test non mette i ragazzi di fronte a un quiz nozionistico, ma pone loro un problema reale che va risolto utilizzando conoscenze e abilità apprese in classe.

A cosa serve far risolvere agli alunni esercizi sulle più svariate tecniche di calcolo, se poi questi non sanno andare avanti quando incontrano un problema la cui soluzione ne richiede l’uso?

I test scoprono un’amara verità, i ragazzi non sanno applicare in situazioni diverse ciò che apprendono a scuola, studiano a compartimenti stagni.

Formazione docenti e prove INVALSI

Uno dei problemi messi in evidenza dai risultati è proprio la formazione dei docenti. Gli alunni non sono abituati a quel tipo di prove soprattutto alla secondaria di secondo grado, alla primaria, e alla secondaria di primo grado, la situazione è sicuramente migliorata poiché gli alunni lavorano da anni per competenze e con compiti di realtà. L’annoso problema della matematica dovrebbe essere affrontato sin dalla scuola dell’infanzia con una formazione continua dei docenti, l’insegnamento deve essere affidato a specialisti con adeguato titolo di studio.

Corsi di specializzazione in didattica della matematica dovrebbero essere obbligatori per gli insegnanti, non si può più avallare la scusa “ mio figlio ha ereditato da me l’odio per i numeri “ come se la matematica fosse una tara ereditaria.

Esami di Stato e prove INVALSI

Altra critica emersa dai post sul social è la correlazione tra risultati delle prove invalsi e i voti degli studenti agli esami di stato, questo riferimento è stato spesso motivo di accertamento dei NEV in alcuni Istituti Superiori in tutta l’Italia, i risultati scadenti alle prove INVALSI contrastano fortemente con i voti finali degli Esami di Stato. Come ho già scritto, spesso alle prove non è stato dato il giusto peso, sono state fatte in modo poco serio, quindi i risultati, secondo me, sono poco attendibili.

I voti agli esami sono più coerenti poiché la dinamica di svolgimento è diversa, una scuola formativa si interessa dei processi di apprendimento non valuta secondo il possesso di contenuti,

e poi basta ricordare che al curricolo è dato un peso notevole, ben sessanta punti, e solo quaranta punti il colloquio. A chi si scandalizza per l’assenza delle prove scritte agli esami, vorrei ricordare che gli alunni nei cinque anni di scuola hanno prodotto tante prove scritte e sono stati valutati dai docenti curriculari, rifarle agli esami non ha senso, gli insegnanti sanno chi sa scrivere o sa fare una traduzione o un compito di elettronica e ne hanno tenuto conto già nella valutazione finale prima degli esami.

Finalmente si è trovata una modalità di svolgimento degli Esami Stato che verifica le competenze in uscita degli alunni, formula da perfezionare, ma non da abbandonare. Un alunno alla fine del suo percorso scolastico deve avere raggiunto delle competenze e una maturità tale da poter affrontare la vita, deve saper argomentare, fare dei collegamenti tra le varie discipline, saper portare fuori nella quotidianità della vita tutto quello che ha imparato a scuola. L’esame diventa un vero compito di realtà. Qual è il senso del ripetere gli argomenti delle varie discipline per l’ennesima volta, magari a memoria, spostare quell’odiosa sedia da un docente all’altro come a volte accadeva, commentare quei compiti spesso troppo difficili e tarati su programmi svolti parzialmente.

Ben vengono i 100 e i 100 e lode se ben meritati, avendo presente sempre che il colloquio di esame ha un peso nettamente minore del curricolo.

La D.a.d. e prove INVALSI.

I risultati negativi, dipendono anche dalla D.a.d. e, a mio avviso, non per una preparazione scadente erogata dai docenti durante il look down ma per l’influenza negativa che la D.a.d ha avuto sulla sfera psicologica – emotiva dei ragazzi. La D.a.d è quanto di meglio hanno saputo fare i docenti in una situazione d’emergenza, sono da premiare perché hanno compensato le proprie carenze informatiche con la buona volontà, hanno speso ore davanti al computer, frequentato corsi di formazione, seguito i consigli della rete, hanno fatto gruppo non abbandonando mai gli alunni.

La D.a.d è, e resta, una strategia didattica d’emergenza, niente di più, da non confondere con le strategie della didattica digitale, occorre riprendere al più presto i rapporti umani e la socializzazione.

Veniamo in aiuto agli alunni che hanno visto la propria vita cambiare dall’oggi al domani, hanno rinunciato agli amici, alle gite, alle palestre, al fidanzatino/a, agli scout, alla parrocchia, alla bici o motorino, hanno visto le attività agonistiche ferme, i problemi economici in famiglia, la paura continua del contagio, hanno rinunciato a tutto quello che comunemente si chiama vita.

Adesso, si solleva tutta questa polemica per i risultati delle prove INVALSI per cercare di deviare l’attenzione delle famiglie e dei docenti dai numerosi problemi che affliggono la scuola a un mese della riapertura.

Suggerimenti

Occorre promuovere l’interazione dinamica fra mondo reale e scuola per un profondo rinnovamento dell’insegnamento-apprendimento della matematica e per le altre due discipline prese in esame dalle prove INVALSI.

Approfittare di questo periodo di cambiamenti per sognare, come Peter Pan, la scuola che non c’è e lavorare insieme per farla rinascere rinnovata, rigogliosa e piena di vitalità.

Catania, Prof. ssa Angela Giardinaro

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